Home / da/per primiero / Terre d'Acqua: zone umide a Primiero / Infinite anfibie antropologie per umani e non

Infinite anfibie antropologie per umani e non

di Nadia Breda

di Nadia Breda

 Ricercatrice di Antropologia presso l’Università degli Studi di Firenze, dipartimento SCIFOPSI.

L’incontro della terra con l’acqua genera un infinito poiché noi non riusciamo a individuare un esatto confine tra i due elementi. L’acqua è, in questo senso, (in)visibile sulla terra e, come nel caso dell’acqua sotterranea c’è bisogno di cercarla per cominciare a comprenderla. Altre volte, l’acqua è un poco più visibile, e allora sono i segni minimi dell’incontro dell’acqua con la terra che vanno assiduamente cercati. I palù sono proprio parte di questo continuum d’incontro dell’acqua con la terra, tra invisibilità e visibilità. I palù sono delle sfumature e perciò sfidano il nostro moderno modo di ragionare per opposti. Rispondono alla logica fuzzy delle sfumature, del flou, del principio di contraddizione accolto.
In questo senso, i palù sono un grande allenamento cognitivo ai cambiamenti ecologici che verranno.

Le zone umide, i luoghi di incontro tra terra e acqua, sono una presenza silenziosa eclatante che si dissemina tutto intorno a noi, dalle montagne al mare.

Distribuzione delle ze zone umide nel Mondo

Distribuzione delle zone umide nel Mondo

Lo stato di conservazione delle zone umide è però definito “drammatico”. Innanzitutto perché abbiamo ancora atteggiamenti colonialisti nei confronti di questi ambienti.
In particolare, le cosiddette “piccole zone umide”, denominate Important Areas for Ponds, sono le più vicine a quelle di Primiero.
Esse presentano una ricca biodiversità ma su di esse il livello di conoscenza è ancora scarso. In particolare, esse svolgono un ruolo importante di connessione tra gli habitat d’acqua dolce, poiché possono fungere da stepping stones per molte specie migratrici o in dispersione.

Un grande lavoro di identificazione delle paludi ha progressivamente consolidato la consapevolezza sul fatto che i sistemi umidi sono i più ricchi e i più fragili dotati di grande vitalità e grande vulnerabilità connesse, procedenti di pari passo. Mondi anfibi che sono in crisi in tutto il mondo.
Secondo la Convenzione di Ramsar, di questi sistemi è da riscoprire l’uso saggio (wise use) che per secoli se ne è fatto.

In questo senso, le zone umide sono riconosciute dal MedWet (la rete mediterranea delle zone umide riferibili alla convenzione di Ramsar) come riserve attive nel ciclo idrogeologico e “riserve” di biodiversità di piante e animali. Le paludi forniscono servizi agli ecosistemi: ospitano biodiversità, sono approvvigionamento d’acqua, purificano l’acqua, regolano il clima, le piene e le alluvioni, proteggono le coste, forniscono materiali, forniscono “ispirazione culturale e spirituale”, permettono il turismo. Ad esse inoltre si riconosce un ruolo nella mitigazione dei cambiamenti climatici.

Permane però ancora una grande distanza tra le misurazioni scientifiche dell’utilità delle zone umide e le percezioni raccolte a livello locale.
Non sappiamo ancora abbastanza su come siano percepiti i cambiamenti climatici dalle popolazioni locali in relazione al proprio territorio: cosa la popolazione locale pensi del suo futuro, e delle sue zone umide. Non possiamo affatto dare per scontato che in una situazione di cambiamento la popolazione locale sia pronta a salvare le sue zone umide.
Quello che possiamo fare è constatare che alcune svolte ontologiche sono avvenute e stanno avvenendo. È stata scalzata l’attribuzione all’umano del posto centrale sulla Terra, nel mondo.
La Natura si configura sempre più come un intreccio: un mondo dove l’umano e il non umano intessono insieme la vita sulla terra. Dove biologico e sociale sono “uno e lo stesso”.
Ma, guardando alle zone umide, si può intravvedere, oltre l’umano, oltre l’animale, oltre il grande mondo vegetale, un’altra svolta ontologica che si prospetta: quella che guarda allo statuto del mondo minerale, anch’esso un po’ vivente, sicuramente intrecciato con il vivente. Che lo costituisce.
È questo il mondo delle terre d’acqua. Un mondo dove una separazione netta e contrapposta della società dalla natura non è più un’evidenza a cui possiamo affidarci.
Proprio l’osservazione, la descrizione, il censimento e l’analisi delle zone umide (quelli finalmente praticati anche a Primiero) sono un buon allenamento a mettere in discussione il pensiero di separazione dell’umano dal naturale che è stato anche causa e origine della distruzione delle paludi stesse.

visualizza l’articolo in pdf
Infinite anfibie antropologie per umani e non

One comment

  1. Grandissimo contributo di conoscenza scientifica, di sintesi avanzata fra ricerche diverse. Alla ricerca di una nuova frontiera dove le opposizioni vengano superate per un progetto in progress di pacifica con-vivenza.

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *

*